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MOVING IMAGE IN CHINA: la poesia della Videoarte cinese al Museo Pecci (terza parte)

Con lo sviluppo dei personal computer attorno al 2000, GU DEXIN diede avvio agli esperimenti di animazione e arrivò ben presto a padroneggiare il neonato Flash. Le sue opere fanno largo uso di cartoni animati che, contrastando la loro banalità e semplicità affrontano temi scottanti come la pornografia, la critica politica e sociale, i valori…

SALA 6

Dall’inizio del nostro viaggio abbiamo visto che quella presentata dagli artisti presenti in mostra è una realtà dalla quale molto spesso si vuole evadere, così come fanno i Cosplayers nel video del 2004 di CAO FEI (Guangzhou, 1978) che mescola la tradizione cinese e la cultura popolare americana. Il termine Cosplayer è una contrazione delle parole inglesi costume (“costume”) e play (“interpretare/recitare”), che descrivono l’hobby di divertirsi vestendosi come il proprio personaggio preferito. Poiché il fenomeno ha avuto origine in Giappone, il personaggio rappresentato da un cosplayer viene spesso scelto tra quelli individuabili nei manga e negli anime giapponesi, ma si trovano personaggi anche dei videogiochi, dei giochi di ruolo, persino appartenenti al mondo della pubblicità. Qui questi colorati personaggi si sono rifiutati di crescere e vogliono mantenere la purezza, la passione e il desiderio del semplice idealismo, contrastando con il loro abbigliamento e con la libertà dei loro gesti, con l’ambiente circostante di periferia. Cresciuta durante gli sconvolgimenti che seguirono la fine della Rivoluzione Culturale, Cao Fei rappresenta una Cina proiettata verso il futuro e cosmopolita, ma al tempo stesso frammentata sul piano culturale, afflitta da gravi disuguaglianze di reddito e di qualità della vita. Sensibile agli squilibri sociali, Cao riesce sempre a individuare ed esprimere i paradossi che si vengono a creare quando la realtà si scontra con l’illusione.

ZHOU XIAOHU ci mostra un intero telegiornale rielaborato con i nuovi mezzi di animazione in”stop motion” utilizzando figurine d’argilla. Tra le notizie date vi sono anche quelle degli attacchi al World Trade Center e la Lunga Marcia.

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MOVING IMAGE IN CHINA: la poesia della Videoarte cinese al Museo Pecci (seconda parte)

SALA 2

La videoarte, soprattutto ai suoi esordi, è sicuramente legata alla nascita dell’arte concettuale che aveva portato una rivoluzione profonda dei linguaggi. L’arte non è più separata dalla vita ma l’arte diviene la vita, anche nella sua principale condizione di svolgimento nel tempo.

“Baby Talk” (linguaggio infantile) di WANG GONGXIN (Pechino, 1960). Un lettino da neonato con le sbarre reclinate così possiamo affacciarci, come avevano fatto i personaggi proiettati. Sono i familiari mentre fanno i classici versini al piccolo e noi li possiamo vedere quasi con gli occhi di lui su di una letto di latte. Anche qui il movimento è quello della vita ma rivissuto come al rallentatore per fermare attimi che invece scappano velocemente. Un omaggio dell’artista al fatto che era appena divenuto padre è un’opera di grande importanza perché, oltre ad essere di grande effetto è stata la prima video installazione ad utilizzare un video proiettore. Siamo nel 1994. Il lavoro di Wang Gongxin non segue una linea narrativa ma descrive un momento rubato al tempo. Wang non commenta mai né descrive le sue opere ma ci lascia completamente liberi di meravigliarsi di fronte a loro.

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