MOVING IMAGE IN CHINA: la poesia della Videoarte cinese al Museo Pecci (seconda parte)

SALA 2

La videoarte, soprattutto ai suoi esordi, è sicuramente legata alla nascita dell’arte concettuale che aveva portato una rivoluzione profonda dei linguaggi. L’arte non è più separata dalla vita ma l’arte diviene la vita, anche nella sua principale condizione di svolgimento nel tempo.

“Baby Talk” (linguaggio infantile) di WANG GONGXIN (Pechino, 1960). Un lettino da neonato con le sbarre reclinate così possiamo affacciarci, come avevano fatto i personaggi proiettati. Sono i familiari mentre fanno i classici versini al piccolo e noi li possiamo vedere quasi con gli occhi di lui su di una letto di latte. Anche qui il movimento è quello della vita ma rivissuto come al rallentatore per fermare attimi che invece scappano velocemente. Un omaggio dell’artista al fatto che era appena divenuto padre è un’opera di grande importanza perché, oltre ad essere di grande effetto è stata la prima video installazione ad utilizzare un video proiettore. Siamo nel 1994. Il lavoro di Wang Gongxin non segue una linea narrativa ma descrive un momento rubato al tempo. Wang non commenta mai né descrive le sue opere ma ci lascia completamente liberi di meravigliarsi di fronte a loro.

All’inizio della sua storia la videoarte è legata all’arte concettuale, divenendo un insostituibile strumento per documentare performance e happening, azioni quindi di grande impatto sociale che fanno più o meno discutere come questa di LIN YILIN dal titolo “Safely Maneuvering Across Lin He Road”.

L’artista fu essenzialmente un grande performer, fece parte del Gruppo artistico “Big Tail Elephant Group” che si era riunito nel 1990 per rispondere allo sconvolgimento e alla sostanziale distruzione della storia antica delle città portato dal rapido sviluppo delle stesse, a favore di ambienti più disumanizzanti e freddi e quasi la perdita dell’identità, (situazione molto sentita anche da noi). Qui l’artista sta spostando dei mattoni da una parte all’altra di un moro che vuole costruire e lo fa in mezzo ad una strada trafficata di Guangzhou, con tutte le conseguenze prevedibili come la gente che, incuriosita si domanda cosa sta facendo o i chiaro disagio provocato alle automobili che passano, ecc.

Il video d’arte, proprio perché è la vita in tutti i suoi aspetti, molto spesso diviene una sorta di documentario come nel caso WANG JIANWEI e di ZHOU TIEHAI (1966). Il video del primo addirittura ha rivestito grande importanza come fonte di informazioni sulla vita quotidiana delle persone, venendo presentato a Cassel e al Festival della documentazione. Sono le Casa del Te i luoghi principi per catturare la spontaneità della vita di tutti i giorni, con le sue preoccupazioni e i gesti comuni. Semplicisticamente si potrebbero equiparare ai nostri circoli. Mentre Tiehai richiama i primi film in bianco e nero coi sottotitoli; mostra in una sorta di farsa, la triste situazione dell’artista che, se non si trova all’interno della lista d’interesse dei critici internazionali, non vale nulla. Profonda riflessione sula spietata manipolazione di un’arte esotica e “del terzo mondo” da parte del mercato artistico internazionale, dei media e delle istituzioni.

SALA 3

Senso di gelo, inquietudini, allucinazioni, presenze. Tutto questo si fa più evidente quando siamo totalmente avvolti in uno spazio come questo di QUI ZHIJIE che avevamo visto nella prima sala scrivere all’infinito.

Il titolo è Waschroom, quindi bagno pubblico e la prima volta in cui Zhijie mostrò quest’opera fu in uno di essi, quindi pensate l’effetto della gente. L’arte letteralmente irrompe nella nostra vita e in un luogo dove non ci aspettiamo, distruggendo anche l’effetto di intimità e solitudine del luogo.

Una presenza che, attraverso la mimica facciale, risponde agli effetti sonori del bagno, lo sciacquone, lo sgocciolio dell’acqua, gli odori, venendo anche a creare un movimento tormentato nella lineare piastrellatura bianca da toilette.

L’uomo vive come uno schiavo di sé stesso e dell’ambiente; ma questa vita umile, fatta di solitudine, silenzio, fantasia, tedio e passione, a volte è così insopportabile che sentiamo il desiderio di volare. É un modo per trascendere o scappare”. Sono le struggenti parole di JIANG ZHI (1971 nello Yuanjiang) che descrive la sua opera “Fly Fly” che è un po’ la ricerca che accomuna tutti gli artisti presenti in mostra: urli di libertà fra le mura domestiche che fanno da sottofondo ad un semplice gesto fatto da chi ha tanta smania di volare ma non sa come prendere il volo, un gesto che richiama il battito di ali di un uccello.

Estremamente poetica è anche l’installazione di tre monitor da parte dell’artista GENG JIANYI (1962, Zhengzhou). Sono tre punti di vista degli occhi di un’anatra. Il filmato dura 31 minuti, gli ultimi della vita dell’anatra stessa. L’Arte che si identifica totalmente con la vita abbraccia anche il naturale passaggio ad un’altra e ignota condizione. La visione dei video si spegne con la chiusura degli occhi. Jianyi, insieme con Peili dal quale siamo partiti, fa parte del gruppo d’artisti usciti dalla China Academy of Fine Arts, chiamato the Pond Society, che rimossero l’arte dallo stretto e limitato contesto accademico per esplorare l’interazione col pubblico ed una più intensa partecipazione emozionale.

SALA 4

Nella riflessione sulla vita che abbiamo visto fin dall’inizio è chiaramente una riflessione sul tempo, si viene a toccare l’idea della transitorietà, della fuggevolezza della vita umana.

Il video di ELLEN PAU ci mostra questi aspetti: da una piccola e buia camera d’albergo riprende con una telecamera l’autostrada lungo il mare che le sta di fronte. Le auto invadono lo spazio dello spettatore a tutta velocità tanto che le vorresti fermare per poterle osservare meglio. Allora l’artista inizia a muovere la telecamera a destra e a sinistra come a seguirne i movimenti. Tutto quindi è in movimento e tutto è in costante mutazione.

La frenesia della nostra vita contemporanea è raccontata anche in questo simpaticissimo video di XU ZHEN che riprende masse di persone in luoghi di grande affollamento come in metropolitana o per le scale di centri commerciali. La frenetica monotonia viene interrotta da un evento improvviso, un urlo, da qui il titolo dell’opera “Shouting”, il quale fa voltare tutti. “La reazione provocata dal grido è più potente del grido stesso. Il rapporto tra governare ed essere governati si intravede tra urlare ed essere oggetto dell’urlo”. Le sue opere portano tutte lo spettatore a stare sempre in ansia perché non sai cosa può accadere e cose inaspettate rompono quella drammatica e noiosa monotonia della nostra vita. I suoi temi sono poi legati alla società anch’essi come il consumismo.

Nel 2008 aveva realizzato un’opera “Art for Sale” – L’arte per vendere – che consisteva nel ricostruire all’interno dello spazio espositivo un supermercato, con addirittura la cassiera oltre che i contenitori, però vuoti, prodotti sugli scaffali.

La televisione in Cina ha portata gli artisti ad una riflessione molto intensa sulla realtà che ci circonda e sulla veridicità del mondo dei media. Molto spesso si da per scontato che essi ci diano la verità delle cosa, ma è davvero così, e se fosse una realtà apparente, superficiale che intesse la sua ragnatele di controllo sulle nostre vite e sui nostri comportamenti?

Sempre XU ZHEN nel 2005 realizza questo video che documenta la sua performance sul Monte Everest, il più alto del mondo con i suoi 8848 metri d’altezza. E se gli si togliesse tale primato? L’artista sta, con l’aiuto di un’intrepida equipe tagliando la punta del Monte di 1.86 metri cioè l’altezza dello stesso artista. In una successiva mostra la punta tagliata viene mostrata in una teca di vetro. Poi, all’Armagheddon, indossando quasi le vesti di un eroe torna sul Monte a colmare con la sua altezza i metri tolti facendo riacquistare al Monte il suo primato.

SALA 5

Con l’avvento della Rivoluzione Informatica nel 1998, la videoarte si arricchisce di diverse pratiche e si apre sempre più alla sperimentazione.

CHEN SHAOXIONG ama lavorare con le immagini e lo fa attraverso anche la tradizionale pittura ad inchiostro in un progetto, “Ink City”, volto ad esplorare la sua città, Chinese City, con tale tecnica. Il tutto poi rimontato in una sequenza video che coniuga tutte le tecniche moderne, l’idea delle immagine collegate ai suoni della realtà che rappresentano, l’idea del video documentario, la fotografia, la rielaborazione al computer, il montaggio digitale, con il sapore delle antiche tecniche.

Uno dei principali protagonisti della nuova generazione di artisti cinesi è YANG FUDONG che pone al centro del suo lavoro le conseguenze dei cambiamenti economici, politici e sociali che investono la Cina contemporanea. Nato a Pechino nel 1971, vive e lavora a Shanghai. Dopo il diploma in Pittura presso la China Academy of Fine Art di Hangzhou la produzione artistica di Yang Fudong si orienta subito verso la fotografia, il video, i film. Sun is Rising! opera del 2001 riflette sulla società contemporanea dove la gente tende a mantenere usi e costumi solo per inerzia. Cosi presenta 4 personaggi che simultaneamente compiono delle azioni: fumano, sbadigliano, si massaggiano e brandiscono spade, muovendosi come in una sorta di farsa. Non sappiamo cosa e perché fanno tali azioni, l’unico dato che sappiamo per certo è che tutte le azioni sono svolte al sorgere del sole, da qui il titolo della mostra. Metafora dell’uomo che il più delle volte si muove per inerzia, per schemi imposti dalla società e l’unica cosa certa e sicura della vita è il sorgere del sole.

La società contemporanea porta cioè ad una sorta di totale livellamento, tendendo a distruggere la personalità dell’individuo e la libertà delle sue scelte. In questo simpatico video di TSUI KUANG-YU si vede proprio questo. Il protagonista si spoglia e si riveste di continuo a seconda del luogo dove arriva, conformandosi ad esso.

Continua…

 

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