Archivi tag: #arteebenessere

L’Arte è inutile?

Non so spiegare perché l’arte sia importante. Penso che al giorno d’oggi dobbiamo sempre dare una spiegazione a tutto ed essere convincenti per dimostrare che quello diciamo ha senso. Siamo sempre immersi nell’incertezza, nel dubbio, nella paura di qualcosa che intacchi la nostra autostima, le nostre convinzioni. Oscar Wilde sosteneva innanzitutto che la vera arte derivi da due fonti: l’immaginazione e la fantasia. Nessun grande artista quindi vede mai le cose come sono realmente ma si nutre di originalità e talvolta anche di illusione e, trascendendo la realtà, crea il sublime. L’arte quindi, per Wilde, ha come unico scopo quello di esprimere liberamente e pienamente se stessa (l’arte per l’arte) e non quello di educare attraverso precetti morali, poiché “è il modo più intenso di individualismo che il mondo abbia conosciuto“. L’arte, cioè, è espressione del singolo, del bello e del brutto, del vero e del falso, della virtù e del peccato che ciascuno ha dentro di sé.

Queste opere che vedete qui sotto, sono state realizzato con il solo scopo di immergersi nel colore:

Opere realizzate con il solo gusto di immergersi nel colore.

Pensiamo per un momento di togliere l’immaginazione e la fantasia, è vero che possiamo continuare a vivere ma come risulta la qualità del nostro vivere.

Vediamo sempre più spesso ragazzini, che addirittura camminano per strada guardando lo schermo del telefono (gli adulti lo fanno in massa). Ma crescere così, in questa posizione del corpo con la testa china a “guardare” un mondo immateriale, un mondo fatto di immagini con cui costantemente bombardiamo il nostro cervello, senza vedere più quello che abbiamo intorno, senza avere consapevolezza del vento che ci sfiora, delle persone che ci passano accanto, della sensorialità della vita. Possiamo vivere senza arte, come possiamo vivere senza immaginazione e fantasia. Può essere vero ma è un’affermazione che non mi convince, perché delle cose che ci fanno stare bene ne abbiamo naturalmente bisogno. Dalla scelta dell’arredamento della casa, del colore con cui decidiamo di dipingere il salotto, dell’abbinamento di colori con cui scegliamo di vestirsi la mattina, della cura con cui prepariamo un piatto per i nostri cari, o per noi stessi, della cura che riserviamo al nostro corpo… tutte queste cose sono la base del vivere, le ricerchiamo anche se non ce ne accorgiamo. Possiamo non andare in un museo, possiamo non aver mai dipinto (o almeno non ricordarci più di quando lo abbiamo fatto e magari quell’ultima esperienza è stata frustrata dal giudizio di adulti), possiamo anche non curare la propria casa, avere muri ammuffiti dall’incuria, mettersi la mattina la prima cosa che ci capita in mano, possiamo buttare la pasta in un piatto a caso, non prenderci cura di nessuno, come di noi stessi, ma una vita così non è una vita felice, piena, soddisfacente, è un tirare avanti fine a sé stesso. E pur in questa condizione, non sarebbe possibile, non cercare almeno un momento una qualsiasi cosa che ci possa far star bene. Quella cosa allora è l’arte.

Dipingere il vuoto

“Dipingere il vuoto” è utilizzare la pittura come strumento di elaborazione del lutto. Si tratta di un progetto che ho iniziato in un periodo molto difficile della mia vita. La malattia di mio padre mi ha costretta ad intraprendere un viaggio dentro di me per trovare la mia forza, le mie risorse, la mia resilienza.

Dipingere il vuoto è un urlo, uno scrollarsi di dosso tutto, ma è anche un abbraccio, un accogliere quel vuoto dopo averci combattuto, dopo averlo rifiutato, odiato, rifuggito. E’ un riappropriarsi della pittura e grazie a questa ritrovarsi.

Tre colori, un cambiamento di tono, un’apparizione: sì perché se lo ascolti quel vuoto lui non è mai così vuoto, c’è sempre qualcosa che affiora, che ti chiama, che ti scrolla dal torpore. E’ come quando chiudi gli occhi: in un primo momento pensi che vedrai solo buio ma poi arrivano bagliori, puntini colorati, ricordi di forme e luci che hai visto poco prima. Dipingere il vuoto è trovare la forza di andare avanti. Quel che non c’è più è il vuoto con cui devi imparare a convivere per il resto della vita nonostante il rifiuto, la voglia matta di tornare indietro nel tempo per riassaporare la presenza. Quel vuoto è l’assenza che aleggia nella casa di mio padre, nel suo studio, nel suo giardino di rose. Il vuoto è la mia impossibilità a tornarci e l’attesa che presto non ci sarà più nemmeno quella casa, quei luoghi amati, quei muri dipinti, quei profumi.

Allora che fare con questo vuoto? Come fare in modo che non inghiottisca? Non ci sono risposte giuste o sbagliate, non esistono ricette segrete da fare proprie, né formule che rivelano verità. E’ un viaggio, un percorso, un tempo da trascorrere e in questo tempo ascoltare e accogliere quel che viene. Perché il vuoto è come un foglio, bianco, da ascoltare, da accogliere, da accettare e poi.. trasformare.