Voglio partire oggi da una riflessione fatta nel contesto di un’esperienza svolta in ambito museale. Un signore mi condivideva quanto sia bello trovare un’esperienza nel museo che si sviluppi da ciò che le persone portano e non piuttosto a partire da una rigida scaletta in cui la guida appunto “guida” l’osservazione, mostrando quello che tu “devi” vedere. “Al contrario mi piace piuttosto la possibilità di aprire alle infinite e personali possibilità con cui si può esplorare il museo. E se io sono più attratto magari da un’opera “secondaria” che non è nella scaletta di quelle che invece mi si vuole mostrare?, e se davanti a questa ho bisogno di relazionarmi per più tempo, magari anche in dialogo con gli altri?”

Mi veniva allora in mente una frase di Bruno Bettelheim nel suo testo “I bambini e i musei” che risale al lontano 1979: “il più grande valore che il museo può avere… indipendentemente dal suo contenuto, è quello di stimolare e, ciò che più conta, affascinare l’immaginazione; risvegliare la curiosità in modo tale da spingere a penetrare sempre più a fondo il senso degli oggetti esposti; fornire l’occasione di ammirare, ciascuno secondo i suoi tempi e ritmi; e, soprattutto, comunicare un senso di venerazione per le meraviglie del mondo. Perché in un mondo che non fosse pieno di meraviglia, non varrebbe la pena di crescere e abitare”.
Il museo deve essere un luogo delle possibilità mentre spesso associamo la visita come a un qualcosa di noioso o stancante. Partire non dalle opere al suo interno da dover mostrare a tutti i costi e in tempi predeterminati, ma al contrario partire dalle persone che vengono a vedere quelle opere, a vivere quello spazio: questo è il valore aggiunto.
Partire dalle persone, sempre dalle persone.