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L’esperienza nel museo apertura alla meraviglia


Voglio partire oggi da una riflessione fatta nel contesto di un’esperienza svolta in ambito museale. Un signore mi condivideva quanto sia bello trovare un’esperienza nel museo che si sviluppi da ciò che le persone portano e non piuttosto a partire da una rigida scaletta in cui la guida appunto “guida” l’osservazione, mostrando quello che tu “devi” vedere. “Al contrario mi piace piuttosto la possibilità di aprire alle infinite e personali possibilità con cui si può esplorare il museo. E se io sono più attratto magari da un’opera “secondaria” che non è nella scaletta di quelle che invece mi si vuole mostrare?, e se davanti a questa ho bisogno di relazionarmi per più tempo, magari anche in dialogo con gli altri?”

Mi veniva allora in mente una frase di Bruno Bettelheim nel suo testo “I bambini e i musei” che risale al lontano 1979: “il più grande valore che il museo può avere… indipendentemente dal suo contenuto, è quello di stimolare e, ciò che più conta, affascinare l’immaginazione; risvegliare la curiosità in modo tale da spingere a penetrare sempre più a fondo il senso degli oggetti esposti; fornire l’occasione di ammirare, ciascuno secondo i suoi tempi e ritmi; e, soprattutto, comunicare un senso di venerazione per le meraviglie del mondo. Perché in un mondo che non fosse pieno di meraviglia, non varrebbe la pena di crescere e abitare”.

Il museo deve essere un luogo delle possibilità mentre spesso associamo la visita come a un qualcosa di noioso o stancante. Partire non dalle opere al suo interno da dover mostrare a tutti i costi e in tempi predeterminati, ma al contrario partire dalle persone che vengono a vedere quelle opere, a vivere quello spazio: questo è il valore aggiunto.

Partire dalle persone, sempre dalle persone.

L’Arte è inutile?

Non so spiegare perché l’arte sia importante. Penso che al giorno d’oggi dobbiamo sempre dare una spiegazione a tutto ed essere convincenti per dimostrare che quello diciamo ha senso. Siamo sempre immersi nell’incertezza, nel dubbio, nella paura di qualcosa che intacchi la nostra autostima, le nostre convinzioni. Oscar Wilde sosteneva innanzitutto che la vera arte derivi da due fonti: l’immaginazione e la fantasia. Nessun grande artista quindi vede mai le cose come sono realmente ma si nutre di originalità e talvolta anche di illusione e, trascendendo la realtà, crea il sublime. L’arte quindi, per Wilde, ha come unico scopo quello di esprimere liberamente e pienamente se stessa (l’arte per l’arte) e non quello di educare attraverso precetti morali, poiché “è il modo più intenso di individualismo che il mondo abbia conosciuto“. L’arte, cioè, è espressione del singolo, del bello e del brutto, del vero e del falso, della virtù e del peccato che ciascuno ha dentro di sé.

Queste opere che vedete qui sotto, sono state realizzato con il solo scopo di immergersi nel colore:

Opere realizzate con il solo gusto di immergersi nel colore.

Pensiamo per un momento di togliere l’immaginazione e la fantasia, è vero che possiamo continuare a vivere ma come risulta la qualità del nostro vivere.

Vediamo sempre più spesso ragazzini, che addirittura camminano per strada guardando lo schermo del telefono (gli adulti lo fanno in massa). Ma crescere così, in questa posizione del corpo con la testa china a “guardare” un mondo immateriale, un mondo fatto di immagini con cui costantemente bombardiamo il nostro cervello, senza vedere più quello che abbiamo intorno, senza avere consapevolezza del vento che ci sfiora, delle persone che ci passano accanto, della sensorialità della vita. Possiamo vivere senza arte, come possiamo vivere senza immaginazione e fantasia. Può essere vero ma è un’affermazione che non mi convince, perché delle cose che ci fanno stare bene ne abbiamo naturalmente bisogno. Dalla scelta dell’arredamento della casa, del colore con cui decidiamo di dipingere il salotto, dell’abbinamento di colori con cui scegliamo di vestirsi la mattina, della cura con cui prepariamo un piatto per i nostri cari, o per noi stessi, della cura che riserviamo al nostro corpo… tutte queste cose sono la base del vivere, le ricerchiamo anche se non ce ne accorgiamo. Possiamo non andare in un museo, possiamo non aver mai dipinto (o almeno non ricordarci più di quando lo abbiamo fatto e magari quell’ultima esperienza è stata frustrata dal giudizio di adulti), possiamo anche non curare la propria casa, avere muri ammuffiti dall’incuria, mettersi la mattina la prima cosa che ci capita in mano, possiamo buttare la pasta in un piatto a caso, non prenderci cura di nessuno, come di noi stessi, ma una vita così non è una vita felice, piena, soddisfacente, è un tirare avanti fine a sé stesso. E pur in questa condizione, non sarebbe possibile, non cercare almeno un momento una qualsiasi cosa che ci possa far star bene. Quella cosa allora è l’arte.

“A sentimento” percorso relazionale di Arteterapia

Il corso di Arteterapia che ho condotto presso AISM Associazione Italiana Sclerosi Multipla di Prato è un percorso espressivo e relazionale che parte dalle persone e da quello che esse portano all’interno dello spazio creativo.

A volte è complesso far capire cos’è un percorso di Arteterapia, a cosa serve e in cosa consiste. Spesso si tende ad associare l’arte con il disegno, negli adulti in particolare, con la frustrazione legata a ricordi della scuola, in cui un disegno era un compito che solo chi seguiva attentamente regole precostituite di precisione e rispetto di determinate aspettative, riusciva a svolgere. Liliana, una partecipate al corso, ci raccontava di un corso artistico di disegno che aveva fatto in passato, nel quale fin dai primi incontri, le dettero precise indicazioni su quello che doveva fare, “come a scuola”: “Fai questo… prova a fare questo…. Il primo giorno mi dissero di fare il mio autoritratto… mi venne da ridere. Non hai la proprietà né degli strumenti, né delle tue possibilità nei confronti degli strumenti. Invece in questo percorso partire dal colore, dalla percezione dei propri sensi, del movimento del proprio corpo, dalle tecniche, dai materiali…penso che questo sia davvero interessante, cioè proprio il provare, lo sperimentare e sperimentarsi, anche se poi viene quel che viene… Guardo il mio cipresso ed è un po’… così… ma dentro ci sono io”.

Tutto questo racchiude l’obiettivo di un percorso di Arteterapia in cui si valorizza quello che c’è, nel qui e ora, e da lì si parte. Da lì si scoprono i materiali espressivi, si ascoltano e attraverso il loro ascolto, si ascolta noi stessi, ci si da il tempo, ci si da possibilità. Il tesoro è proprio quello che ognuno porta, quello che c’è già, che è completamente diverso l’uno dall’altro, e scoprendolo, e facendolo emergere, si scopre la nostra unicità, il proprio stile, il proprio personale modo di raccontare qualcosa di sé.

Il Laboratorio di Attività Espressive è uno spazio di sperimentazione, libera e poetica, uno spazio di nutrimento, come un giardino, in cui si semina e si aspetta, e ci si prende cura gli uni degli altri, e con pazienza verso di sé ci si scopre in un processo di fioritura impensato e meraviglioso.

Sono grata di poter essere un’eterna esploratrice insieme alle persone che con me si mettono in gioco e decidono di regalarsi del tempo prezioso, del tempo per sé, del tempo per noi.

Il titolo del Laboratorio di quest’anno ha racchiuso questo lasciare andare libero e fuori dagli schemi che si innesca durante il processo artistico. “A sentimento” è stata la risposta che, dopo i primi incontri, G.T. ha dato alla riflessione su come muovere il colore nello spazio compositivo. Lavorare con l’arte “a sentimento” è dare valore alle proprie emozioni, accogliere quello che è il nostro mondo interiore, svelarlo, coccolarlo, immaginarlo, condividerlo e poi… custodirlo.

Quest’anno, oltre alla mostra delle opere, frutto della ricerca artistica di ogni partecipante, è stata realizzata anche un’opera d’arte tessile collettiva dal titolo:“Mi prendo cura dei miei colori”, realizzata cucendo i pensieri, le riflessioni, i ricordi e i colori di tutti coloro che hanno vissuto il percorso.